Risveglio

“Ciao!”
“Ehilà! Ma riuscite a riaprire?”
“Non ancora, continuiamo con i funerali… E sarebbe stato tempo di matrimoni, invece”.
La fioraia sotto casa ride sempre, ma oggi proprio non ci riesce.
“Forza…”. Ormai è quello che ci troviamo a ripetere a chiunque, a scriverlo, perché cos’altro si potrebbe dire?
Lu è la seconda che di solito appare sul ballatoio la mattina, ancora in pigiama, a fumarsi una sigaretta. Sono entrambe deboli di vista, alzano una mano al di là delle rispettive ringhiere per salutarsi, è presto per urlarsi il buongiorno, chiacchiereranno più tardi, c’è tutto il tempo del mondo. Da qualche settimana la gente si è trovata improvvisamente immobile, impreparata a rimanere chiusa in spazi non sempre amati, a volte troppo angusti, indipendentemente dalla metratura.
Anna è fortunata, perché è abituata a vivere sul suo balcone-finestra. Lo fa da tempo per curarsi la testa. Si alza presto, scorre al volo le notizie, sente un paio di fitte nello stomaco. Chiude. Ha deciso di dedicare meno tempo possibile a parole che potrebbero entrarle dentro come inchiostro nero indelebile, macchiarle il cuore, riempirle la bocca e arrivare agli occhi fino ad accecarla.

È la prima ad uscire a sentire il sole scaldarsi mentre i merli cantano. Quegli uccelli le hanno sempre messo addosso allegria, sanno di primavera. Per un tempo che sembra dilatarsi, riesce ad ascoltare quello che le arriva da dentro, gli ingarbugliamenti che riesce sempre a crearsi senza soluzione di continuità. Ma com’è possibile, santo cielo!
Il suo balcone si affaccia su una vecchia corte da cui si intravede la piazza del paese. Al di là dell’arco dell’entrata, si intuiscono passaggi, movimenti, voci che si alzano dietro a mascherine protettive, umori altalenanti tra paura, rabbia e sorpresa nell’incontrarsi per caso fuori dalla macelleria. Chissà come saremo dopo, se davvero ci ricorderemo o se in un attimo la fretta avrà cancellato ogni cosa.

“Ciao Ciccia!”. Anna si riscuote. Puntuale come un orologio arriva lui, con il pranzo per la signora Alida. Ogni giorno la spinge fuori in cortile con il suo deambulatore “Corri eh!”
Ridono. “E se cado vieni tu a tirarmi su! Ah buongiorno! ‘Sti figli! Mi obbliga sempre a muovermi, ma io sono stanca, sa? Però che bravo che è, mi porta sempre tutto pronto.”
“Vero signora, un figlio così non lo trova più!”
Tutti i giorni Anna e la signora Alida si scambiano le stesse identiche parole, tutti i giorni lui prima di andarsene le chiede se deve lasciare aperta la porta-finestra che dà sul cortile “così entra un po’ d’aria calda.” Ognuno ha la propria finestra sulla vita.

Anna sta bene, dal suo balcone-finestra assiste alle giornate di un piccolo mondo antico, mentre sbocciano i fiori bianchi di una pianta il cui nome ha prontamente dimenticato. La sua fortuna sta tutta qui.