Qualche giorno fa li guardavo giocare in spiaggia: il grande spensierato, indipendente, coraggioso; il piccolo più diffidente, più guardingo, indubitabilmente più goffo. Con quella cicatrice ingombrante che io non noto neppure più. Se non quando intercetto alcuni sguardi perplessi e leggo in quegli occhi molte domande. Ma non mi turbano, quelle domande silenziose. Vorrei, anzi, che le esprimessero in parole parlate, vorrei raccontare loro la nostra storia perché è un racconto breve con uno splendido lieto fine.
Tra poco chiuderemo luglio nell’armadio e inizierà agosto, il mese destabilizzante, quello che più di tutti mi riversa addosso sentimenti contrastanti, tra leggerezza e ansia. Sono trascorsi ormai tre anni ma le sensazioni rimangono invariate. Tant’è. Ora però ho la determinazione che mi serve, le manipolerò fino a trasformarle in parole sensate, che arrivino al cuore di chi le vorrà ascoltare.
3 anni fa. E dire che tre anni fa eravamo altrove. Tra pochi giorni saremmo stati esattamente a questo punto.
Loro erano tanto più piccoli, ma nel mio ricordo più consapevoli di quanto potessi aspettarmi da fagotti di carne e di istinti di quell’età.
Oggi dopo tre mesi esatti dall’ultimo, il controllo di routine come da protocollo di follow-up.
La sera prima sento una leggera ansia avvolgermi e infilarsi tra le sinapsi. La mattina sono inconsapevolmente tesa, me ne accorgo solo quando, rientrati, mi investe il sonno, quello puro e buono. L’adrenalina sfuma in bisogno di lettone.
I valori sono perfetti. Dico, perfetti, non nella norma. Persino la proteina C quella che indica stati di infiammazione anche non palesati né chiaramente individuabili, è ai suoi minimi storici. L’emocromo ha recuperato. Superbimbo è un fascio di energia pura.
È cresciuto: non deve più essere placcato al lettino da quattro adulti, si siede buono in braccio a papà, allunga il braccino e non emette quasi lamento. Guarda le provette dai tappi colorati riempirsi del suo sangue. Chiede giusto di fare in fretta, ma dal Mago sono di un’abilità ultraterrena.
Qualche capriccio e un copione ormai consolidato si ripete: lui l’ecografia addominale se la fa fare esclusivamente dal suo medico di fiducia, il Dott. Sorriso, gentile ma non zuccheroso, il medico che gli ha sempre parlato da pari, che conosce tutte quelle forme nel suo addome meglio di me e di suo padre. Il Suo ecografista di fiducia. E non tentate di dissuaderlo con moine, giochini o vezzeggiativi di dubbia efficacia: Superbimbo vuole Lui e non ce n’è.
Colazione al Bar, perché Superbimbo non vede l’ora di farsi i baffi con il latte schiumato come nella tazza dei grandi e ingurgitare una ciambella più grande di lui, finendo inevitabilmente di inzaccherarsi fin nelle orecchie.
Non è finita, ci attende la parte più piacevole di quella che nel tempo pare diventare una visita di piacere di amici che non si riescono mai ad incontrare. È la visita del Dott. Ironia. Lui è parte della nostra famiglia, onestamente non potrei pensarci senza di lui, un amico, un appoggio sicuro lungo tutto il percorso con la sua onestà e il suo ottimismo.
Mi sono dovuta spesso trattenere dal digitare il suo numero, anche solo per un saluto o una battuta. Ha anche altri bimbi di cui occuparsi e ai quali voler bene. E a Superbimbo ne vuole tanto.
Ci sa fare, lo convince a prendere la pressione insegnandogli ad usare lo sfigmomanometro, lo pesa con nonchalance mentre gli chiede del mare, gli controlla ogni ghiandola o linfonodo mentre lo fa ridere dal solletico. Lui è il nostro insostituibile Dott. Ironia.
Tutto bene insomma.
Eppure non smetto di pensare alla stanza 202 dell’ISMETT di Palermo o al bimbo 111 che non conosco ma che è in lista d’attesa e verrà trapiantato dalla Squadra del Mago Magister. Non smetto di pensare a quella bimba dagli occhi grandi che sta ingiallendo settimana dopo settimana o a quei genitori che hanno appena messo piede nel tunnel.
Anche se loro non lo sanno e se le carte in tavola comunque non cambiano, io a quelle persone penso costantemente. Soprattutto quando sento forte la consapevolezza della mia libertà e della mia felicità, distesa nel sole di luglio, mentre guardo i miei bambini giocare come se nulla fosse mai accaduto perché so che anche loro arriveranno al punto in cui mi trovo io.